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Inappetenza nei bambini: possibili cause e rimedi

Inappetenza nei bambini: possibili cause e rimedi

La perdita o la riduzione dell’appetito nel bambino è un fenomeno comune; per un genitore, è spontaneo preoccuparsi quando si osserva che il proprio figlio non mostra il consueto interesse verso il cibo. Risulta pertanto fondamentale identificare le possibili cause sottostanti tale diminuzione dell’appetito e riconoscere le circostanze in cui potrebbe rendersi necessario il consulto di un pediatra.

Introduzione

Durante il primo anno di esistenza, è tipico per un neonato sperimentare un significativo sviluppo fisico, traducendosi in un aumento di peso di circa 7 kg e un’estensione in altezza di 21 cm. Proseguendo nel secondo anno, il ritmo di crescita rallenta, con incrementi medi di 2.3 kg in peso e 12 cm in altezza, portando la maggioranza dei bambini a raggiungere, all’età di due anni, un peso di circa 12.3 kg per un’altezza di 87 cm. Superata questa fase, fino ai cinque anni, si assiste a un ulteriore rallentamento nel guadagno ponderale, con variazioni annuali comprese tra 1 kg e 2 kg per il peso e tra 6 cm e 8 cm per l’altezza. È in questo lasso di tempo che si nota comunemente una riduzione dell’appetito nei bambini in età prescolare. Spesso, i genitori possono interpretare erroneamente i valori medi di peso e altezza come indicatori di norma, non tenendo conto che questi parametri possono variare considerevolmente (dal 3° al 97° percentile) senza necessariamente indicare aspettative di crescita irrealistiche. In particolare, i bambini di costituzione più esile potrebbero necessitare di minori apporti alimentari rispetto ai coetanei.

Osservare il proprio bambino rifiutare il cibo può risultare difficile, ma è essenziale considerare diverse potenziali cause per una riduzione temporanea dell’appetito. Fattori, tra gli altri, quali malattie, congestione e stipsi (l’elenco di tutte le possibili cause sarà trattato nel prossimo paragrafo) possono, infatti, influenzare il comportamento alimentare.

Anche le tappe evolutive possono influire sull’appetito. Ad esempio, l’inizio della deambulazione o della corsa nei bambini può portarli a privilegiare l’attività fisica rispetto al momento del pasto. È comune che alcuni bambini riducano l’assunzione di cibo in corrispondenza di progressi nello sviluppo, particolarmente durante l’età prescolare.  A tal proposito, gli esperti osservano che, talvolta, i bambini in età prescolare possono sottrarsi ai pasti come forma di affermazione della propria indipendenza e controllo sulle proprie scelte alimentari.

 

Possibili cause

La riduzione dell’appetito nel bimbo può essere attribuita a svariate cause comuni, con la tendenza a una ripresa spontanea nel giro di pochi giorni. Tra i fattori più frequenti si annoverano:

  • malattia: condizioni comuni quali raffreddori, influenza e infezioni dell’orecchio possono ridurre l’appetito nei bambini;
  • dentizione: il processo di dentizione può rendere le gengive dei bambini dolenti e sensibili, influenzando negativamente il loro desiderio di alimentarsi o la capacità di mangiare;
  • stress: al pari degli adulti, anche i bambini possono subire gli effetti negativi dello stress, che incide sul benessere fisico ed emotivo. In situazioni di stress, l’organismo produce elevate quantità di ormoni quali cortisolo e adrenalina, che possono alterare l’appetito e la digestione; lo stress può, inoltre, compromettere la capacità del cervello di gestire i segnali di fame e sazietà, portando a una perdita dell’appetito o a una riduzione dell’assunzione alimentare;
  • farmaci: determinati farmaci, inclusi antibiotici e analgesici, possono provocare una perdita dell’appetito nei bambini;
  • problemi dentali: problemi odontoiatrici (ad esempio la carie) possono generare dolore o fastidio durante l’alimentazione, inducendo i bambini a evitare di mangiare;
  • preferenze alimentari: i bambini, specie in età prescolare, possono mostrarsi selettivi nel consumo di cibo, rifiutando determinati alimenti;
  • eccesso alimentare: i bambini che consumano quantità eccessive di cibo durante un pasto o uno spuntino possono non avvertire fame al pasto successivo;
  • fasi di crescita e sviluppo: l’appetito dei bambini può variare in corrispondenza di fasi di crescita accelerata, manifestando un incremento dell’appetito durante tali periodi e una successiva riduzione una volta rallentata la crescita.

Come evidenziato nello studio del 2012, “The ‘picky eater’: The toddler or preschooler who does not eat” (Paediatrics Child Health), spesso l’inappetenza del bambino è – involontariamente – causata dal comportamento dei genitori, i cui sforzi volti a incrementare l’assunzione alimentare nei bambini meno inclini a mangiare possono sortire effetti contrari. È possibile che i genitori esercitino una pressione sui bambini per indurli ad alimentarsi, senza tenere in debita considerazione la naturale diminuzione dell’appetito che si verifica generalmente tra l’età di uno e cinque anni. Durante questo periodo, l’appetito dei bambini può mostrare una notevole variabilità.

Sebbene l’assunzione alimentare dei bambini in età prescolare possa variare significativamente nei diversi pasti giornalieri, il loro apporto energetico totale giornaliero tende a rimanere relativamente stabile. I bambini in buona salute dimostrano una sorprendente capacità di mantenere un equilibrio energetico nel tempo, quando viene loro offerta una varietà di cibi nutritivi. I genitori che percepiscono il proprio figlio come anormalmente piccolo o a rischio dal punto di vista nutrizionale tendono a preoccuparsi eccessivamente per le fluttuazioni nell’appetito del bambino.

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Consigli per i genitori: cosa fare e cosa non fare

Come visto nel corso di questo articolo, l’inappetenza è un fenomeno comune nei bambini, in particolar modo in età prescolare, che nella maggior parte dei casi non deve destare preoccupazione: processi fisiologici normali come la dentizione, l’inizio della deambulazione e il desiderio di autoaffermazione possono causare una transitoria riduzione dell’appetito o del desiderio di alimentarsi.

In questi casi, è importante che i genitori seguano i seguenti consigli, che possono aiutare in caso di inappetenza del proprio bambino:

  • acquisto dei suoi cibi preferiti: durante la spesa, è consigliabile selezionare prodotti notoriamente graditi dal bambino; utile, inoltre, è organizzare i pasti in modo che includano alimenti che generalmente lo entusiasmano;
  • definizione di orari fissi per i pasti: è importante stabilire orari regolari sia per i pasti principali che per gli spuntini, assicurando tre pasti e tre spuntini distribuiti nel corso della giornata, con l’avvertenza che gli spuntini non siano troppo vicini agli orari dei pasti. Tuttavia, è anche molto importante lasciare che il bambino decida autonomamente quanto mangiare, evitando di forzare l’assunzione;
  • promozione dell’attività fisica: l’attività fisica, sotto forma di corsa, salto, danza, nuoto, giochi di movimento e qualsiasi altro sport, stimola l’appetito del bambino a causa del significativo dispendio calorico;
  • consumo dei pasti al tavolo: è opportuno incoraggiare la famiglia a riunirsi per i pasti, sottolineando il momento del pasto come un’occasione di gioiosa condivisione per tutti; questa pratica favorisce l’adozione di abitudini alimentari corrette e garantisce una sana comunicazione familiare. Rendere piacevole il momento del pasto, ad esempio permettendo al bambino di scegliere piatto e bicchiere, il posto a sedere e ascoltando le sue opinioni, può essere una strategia efficace;
  • eliminazione delle distrazioni: pur essendo allettante permettere al bambino di utilizzare tablet, guardare la televisione o portare giocattoli a tavola, tali distrazioni possono sviare l’attenzione dal pasto. È consentito mantenere accanto a sé oggetti di conforto come un peluche, ma altre fonti di distrazione dovrebbero essere limitate, comunicando che il ritorno all’attività interrotta è subordinato al consumo del pasto, mantenendo fermo questo principio.

Allo stesso modo, quelli che seguono sono gli errori più comuni, da non commettere.

  • Evitare di proporre alternative ai pasti: sebbene possa sembrare comprensibile preparare un pasto alternativo di fronte al rifiuto del bambino, questa pratica, se ripetuta costantemente, elimina ogni incentivo per il bambino a consumare ciò che viene proposto.
  • Forzare il bambino a mangiare: l’imposizione nell’alimentazione rappresenta una causa primaria di conflitti legati al controllo del cibo. Nei confronti di un bambino con scarso appetito, i genitori possono essere inclini a raccogliere il cibo con un cucchiaio, adottare un atteggiamento incoraggiante e tentare di persuadere il bambino ad accettare il cibo. Tuttavia, una volta che il bambino raggiunge l’età adeguata a utilizzare autonomamente il cucchiaio, i genitori dovrebbero evitare di intervenire direttamente nell’alimentazione del bambino. Se il bambino avverte la sensazione di fame, tenderà a nutrirsi da solo. È consigliabile che i genitori si concentrino sul proprio pasto. Questo approccio può sembrare indiretto, ma i bambini tendono ad emulare le azioni dei genitori; pertanto, osservando i genitori che si alimentano, il bambino sarà stimolato a fare altrettanto.
  • Generare stress nel bambino durante i pasti: è fondamentale che i genitori rendano i momenti dei pasti piacevoli, evitando di trasformarli in occasioni di critica o di conflitto. Non è opportuno discutere della quantità di cibo consumata o non consumata dal bambino in sua presenza, poiché ciò potrebbe produrre effetti controproducenti; inoltre, non si dovrebbe costringere il bambino a rimanere a tavola dopo che il resto della famiglia ha terminato il pasto, in quanto ciò potrebbe indurre sentimenti negativi nel bambino sia verso sé stesso sia verso il contesto del pasto.

La strategia primaria per evitare conflitti (o senso di colpa) legati all’alimentazione consiste nell’insegnare al bambino a nutrirsi autonomamente, lasciando che regoli da sé il ritmo dei pasti. È importante ricordare che il bambino supererà le fasi di selettività alimentare tipiche dell’età prescolare, comportandosi in modo conforme alle naturali esigenze del proprio organismo.

Quando consultare il pediatra

Le cause dell’inappetenza, nel bambino, sono comuni e di norma non devono destare preoccupazione nei genitori, men che meno scatenare reazioni eccessive come costringerlo ad alimentarsi.

Vi sono, tuttavia, segnali o disturbi che possono presentarsi in concomitanza della perdita o riduzione dell’appetito che, se identificati, potrebbero rendere necessario il consulto di un medico pediatra: diminuzione dell’energia, irritabilità, pianto frequente, dolore addominale, vomito, perdita di peso e febbre costituiscono sintomi che possono indicare la presenza di un disagio fisico.

Manifestazioni di allergie, quali gonfiore del viso, eruzioni cutanee e/o difficoltà respiratorie, richiedono altresì attenzione. Indipendentemente dall’assenza di segnali di malattie o di sbalzi di umore da stress, è consigliabile consultare un medico qualora il bambino inappetente rifiuti il cibo per più giorni consecutivi.

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In sintesi

In conclusione, la dieta durante l’infanzia rappresenta un aspetto cruciale del benessere e dello sviluppo del bambino, ma può anche diventare fonte di preoccupazione per i genitori di fronte a episodi di inappetenza.

È fondamentale riconoscere che variazioni nell’appetito possono essere normali e solitamente legate a fasi di crescita, sviluppo o stati emotivi transitori. Le strategie per affrontare queste sfide includono la somministrazione di alimenti graditi, il rispetto di orari regolari per i pasti, l’incoraggiamento all’attività fisica e la condivisione dei pasti in un contesto familiare sereno e senza distrazioni. Allo stesso tempo, è essenziale evitare comportamenti che possano esacerbare la situazione, come l’offerta costante di alternative, la pressione psicologica per mangiare o la creazione di un ambiente stressante durante i pasti.

È importante, infine, saper riconoscere i segnali che indicano la necessità di consultare un professionista sanitario, come sintomi fisici inusuali o una persistente riluttanza all’alimentazione, per assicurare che eventuali problemi sottostanti siano identificati e trattati tempestivamente.

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